Recentemente, un articolo del Corriere della Sera Economia. ottimamente scritto da Massimo Sideri, titolava :
[…] “Il web è ormai il 2% del nostro Pil. Un’industria con tassi di crescita del 18% annuo.”
Sideri continua cosi’:
“Serve qualcuno che sappia dialogare con il mondo delle start up.
[…]…Nella crescita del Pil, la cui debolezza è il vero cancro del bilancio pubblico, dell’occupazione e della speranza, l’economia digitale ha ormai uno status nobile di cui vale la pena interessarsi. Secondo le più recenti analisi di McKinsey l’industria del web in Italia rappresenta ormai il 2% del Pil, cioè oltre 30 miliardi di euro, e per Marc Vos, managing director di Boston Consulting Group, si stima un solido 4% entro il 2015. Poco? Oggi l’Agricoltura – che ha un proprio ministero – rappresenta il 2,63% del Pil (dati Istat). E dunque è probabile che nella prossima legislatura avvenga il sorpasso: più Internet, meno cabernet, rielaborando un vecchio e famoso graffito popolare.
…Se verranno rispettate le condizioni migliori prospettate dal rapporto Bcg tra il 2009 e il 2015 il tasso di crescita del settore in Italia potrebbe essere del 18% annuo. Il fenomeno sarà spinto anche dalla crisi visto che il paradigma del web è: maggiori tassi di crescita con meno investimenti.
Nei Paesi del G8 oltre a Cina, India, Brasile, Svezia e Corea del Sud (70% dell’economia mondiale), Internet ha prodotto, nel 2009, 1.376 miliardi di dollari. Non è un caso che ormai il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, passi più tempo con il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, che con la dinastia Ford.
…Vediamo quanto ci vorrà per avere in Italia un dicastero che capisca cos’è un mouse”.
Cosi’ l’articolo pubblicato dal “Corriere”.
In effetti, non solo le statistiche di piu’ o meno blasonati istituti di ricerca o organizzazioni politiche internazionali, ma già il nostro quotidiano ci obbliga a riflettere sul fatto che ormai siamo inevitabilmente parte di un’economia digitale e che le nostre azioni, il nostro modo di relazionarci agli altri, di lavorare e di comprare, sono veicolati dal web.
Siamo arrivati al punto che molti avevano previsto : è il mondo parallelo di cui non possiamo fare a meno, in quanto le connessioni (i rapporti) con il mondo esterno dipendono dalla rete.
Se questo cambiamento è parte del nostro quotidiano, le aziende non possono certo prescinderne.
Le attività imprenditoriali che sopravvivono nella convinzione che si possa fare a meno della presenza sul web sbagliano.
Gli utenti che fanno utilizzo di smartphone ormai sono la maggioranza.
I servizi, i locali pubblici, le informazioni… Ormai ogni cosa viene cercata a partire dal web.
Restarne fuori è come autocondannarsi ad una old economy forzata che sarà soppiantata dalla new economy e da chi, come sempre, ha saputo guardare piu’ in la, gettando uno sguardo al futuro, senza crogiolarsi in poco utili protezionismi delle posizioni già raggiunte.